Parte dei terreni era destinato a mëzzänë
, prato folto di boscaglia spontanea, dove pascolavano gli animali, sopratutto
ovini. Le greggi venivano rinchiuse ind'a lu jazzë,
il recinto a loro riservato, mentre i pastori e i massari alloggiavano al
casone. Il primo massärë
dirigeva il casone ed aveva alle sue dipendenze sottomassari e pastori,
questi ultimi distinti in pëcurärë, caprärë, cambjandë, vaccärë,
a seconda del tipo di bestiame che portavano al pascolo. Ogni pastore aveva in consegna
na morrë,
da 100 a 200 capi di pèquërë, àjnë, cjavarrë, zzurrë, zzembrë, mundunë.
I massari erano addetti alla lavorazione del latte munto, versato in grosso
catino, veniva scaldato e rimestato pë
lu rutëlaturë
fino alla coagulazione. Con cotture e diversi metodi di lavorazione, veniva
trasformato in furmaggë, casëcavallë, scamorzë, muzzarèllë, trèzzë, rëcotta
sckandë, pëlusë, bbudirrë
etc., dopo aver esattamente dosato lu quagljë
per ogni tipo di prodotto. SI facevano anche delle scamorze dure a forma di
taralli o cavallucci, che masticati dai bambini, aiutavano la calcificazione dei
dentini. Massari e pastori, di solito, erano originari della
Lucania, dell' Irpinia e degli Abruzzi, da dove scendevano per transumanza,
portando il bestiame a svernare nelle Poste calde e pianeggianti. I pastori
ascolani, invece, possedevano piccoli greggi e vivevano con la vendita del latte
e del formaggio, che essi stessi portavano nelle case degli acquirenti.
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