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"... le credenze e le superstizioni popolari che hanno caratterizzato tanta parte della cultura delle popolazioni meridionali, sembrano essere definitivamente scomparse dall'ambiente ascolano. Non esistono fonti scritte sulle credenze e superstizioni popolari, ma i vari fatti, aneddoti, episodi, racconti di magia, arricchiscono la letteratura popolare ..."


Solo pochi e confusi ricordi riguardano personaggi locali ritenuti maghi o streghe. Soprannome abbastanza diffuso come mascijärë, attesta la probabile esistenza, in passato, di persone dai poteri paranormali, che esercitavano le arti magiche. Connesse con le credenze sulla stregoneria, sono le vecchie superstizioni riguardanti: malocchio, fatturë e ammidjë. Per essere preservati dai loro malefici effetti, senza ricorrere a stregoni o fattucchiere, si riteneva che bastasse portare con se qualche amuleto: un cornetto, un gobbetto, un ferro di cavallo, una mano facente le corna, una croce, un santino. Gli amuleti piccoli venivano portati di solito, in tasca o appesi al collo, mentre quelli più grandi venivano fissati con un chiodo alle pareti, ai muri e alle porte delle case. Una certa fede si prestava a l'ucchjaturë. Si riteneva che, versando in un piatto pieno d'acqua, delle gocce di olio di oliva, che si dilatavano fino a sparire, mentre venivano pronunciate incomprensibili parole magiche, cessasse il mal di testa o altro malanno.

Si credeva ancora nell'esistenza di fantasmi e di spiriti che, in determinate condizioni, situazioni ed occasioni, apparivano nel castello, nelle case e in luoghi dove era avvenuta una morte per omicidio o per disgrazia. Tagljagrassë, nannùorchë e llupunä atterrivano le menti dei piccoli e dei grandi. Il llupunä, in particolare, uscendo nelle notti di luna piena, faceva rabbrividire la gente con i suoi lugubri e lamentevoli urli che echeggiavano nelle strade. Lu scazzamuriellë, un curioso e capriccioso folletto, si posava invece sullo stomaco dei poveri malcapitati che cadevano nel suo assoluto potere, restando come paralizzati, e potevano liberarsi dalla sua oppressione soltanto esaudendo ogni suo desiderio, oppure riuscendo a strappargli "lu scazzëttinë" rosso dalla testa del folletto.

Pregiudizi e superstizioni riguardano animali, giorni e mesi, astri, condizioni climatiche... ed altro ancora. Sono temuti la tarantola, il cui morso velenoso provoca, in chi è colpito, una danza frenetica che esaurisce ogni forza e porta alla morte; la cuccuuäjë, che annuncia morti e disgrazie di notte, sui tetti delle case; il gatto nero che attraversa la strada di venerdì o di notte; le serpi di ogni genere. La palummèllë, che vola la sera attorno ad una lampadina, si ritiene, invece che annunci qualche avvenimento felice. Ai numeri vengono attribuite le note caratteristiche della cabala. Connettendo i loro simboli magici con fatti ed avvenimenti di ogni giorno, vengono giocati al lotto, specie se sono stati dettati, in sogno, dai defunti. Il numero tredici è considerato portafortuna, mentre il diciassette è ritenuto nefasto come i giorni di martedì e venerdì, quando non si deve dare inizio a nessuna cosa: dë vènërë e ddë martë non zë sposë e nnon zë partë. Dalle condizioni climatiche dei giorni che vanno dal 14 al 25 dicembre, li ccalènnë, vecchi e contadini usano ancora fare previsioni sulle condizioni del tempo nei giorni corrispondenti dei mesi successivi.

Auspici e predizioni di buono e di cattivo augurio, di fortuna e di sventura, si crede ancora di poter ottenere dalla lettura delle carte o della mano, dalla consultazione di indovini e da gesti ed accidenti della vita quotidiana. Si ritiene di malaugurio spargere olio per terra, rompere uno specchio, tagliare il pane contro verso da sinistra a destra o deporlo sulla tavola cäpësottë, prendere un bambino in braccio passandoselo sulla tavola. E' di buon augurio versare vino per terra ( è grascjë ), sentire lu surdëllinë nell'orecchio destro e così via. Sarebbe lungo elencare tante altre specie di superstizioni e di credenze popolari, ai fatti di magia, lo scetticismo degli Ascolani, non ha mai dato credito, pur rimanendo, spesso, impressionati da certi loro aspetti spettacolari.


Fonte:
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Ascoli Satriano, storia, arte, lingua e folclore” di Francesco Capriglione e Potito Mele 1980


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