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San Potito, secondo le fonti agiografiche, era originario di Serdica (o Sardica), l’odierna Sofia in Bulgaria. E' stato uno dei primi martiri della cristianità nella Daunia, il cui martirio avvenne sotto gli imperatori Antonimi (Antonino Pio) tra il 160 e il 180 d.C.. Giovane patrizio, figlio tredicenne di un ricco pagano, professò la fede cristiana nonostante il padre Ylas fosse contrario. Compì diversi prodigi: guarì dalla lebbra Ciriaca moglie del senatore Agatone e liberò dal demonio Agnese figlia dell'imperatore Antonino. Ciò non lo salvò dalla persecuzione e, dopo aver superato varie torture, venne decapitato. Le testimonianze sul culto di San Potito attestano chiaramente che il centro della sua irradiazione è stato la Puglia, proprio là dove avvenne il suo martirio. Dalla Puglia il culto si diffuse, soprattutto a partire dal sec. IV a Napoli in Campania, in Emilia Romagna, in Basilicata e in varie altre parti. All'inizio dell'era cristiana, Ausculum, trovandosi in prossimità della rete stradale romana della Daunia, che l'imperatore Traiano aveva sistemato, ed avendo nel suo territorio parecchi nuclei israelitici, ebbe modo di accogliere ben presto il Cristianesimo. Infatti il cristiano Potito era stato decapitato sul fiume Calaggio - Carapelle, ove fu seppellito e venerato come santo dalla piccola comunità cristiana locale. Così Potito nel II secolo d.C. divenne il primo santo storicamente attestato e venerato nella Daunia. 

La fede popolare attribuisce al Santo una serie di fatti prodigiosi, si ricorda:

  • Per intercessione del Santo Patrono gli Ascolani non piansero vittime, pur tra ingenti danni materiali, nei catastrofici terremoti del 14 agosto 1851, del 6 dicembre 1857 e durante l'epidemia di colera del 1886.

  • L'intera popolazione Ascolana sfuggì, durante la seconda guerra mondiale, ad una sanguinosa incursione tedesca grazie a S. Potito che, prodigiosamente, fece apparire sui tetti delle case migliaia di soldati armati dalla cui visione i tedeschi in ritirata furono dissuasi dall'attaccare la città.

  • Tutti i giovani soldati, che combatterono nella guerra d'Africa e nei due conflitti mondiali, i quali avevano portato con sé l'immagine del Santo e invocato il suo aiuto, tornarono sani e salvi a casa.

  • I minatori Ascolani in America, i quali, ascoltando miracolosamente il suono, a loro familiare, della campana della Misericordia, uscirono appena un attimo prima che la loro miniera crollasse. In segno di ringraziamento alla Vergine e S. Potito, che avevano implorato di farli scampare dal pericolo, fecero costruire l'imponente trono ( la pëtàgnë ) sul quale veniva portato in processione il suo simulacro d'argento ( l'imponente trono venne distrutto da un incendio nel 1999).


Martirio di San Potito

Dunque pongono Potito dinanzi al tribunale nel luogo in cui veniva notificata la seguente legge:

Adorerai pubblicamente, secondo l’antico rito dell’Urbe, gli dei della patria: Giove, Apollo Minerva e tutti gli altri ai quali i nostri antenati dedicarono templi, altari e pubblici onori; offri loro i consueti sacrifici. Quelli che  faranno diversamente, che si opporranno, che  negheranno,  saranno decapitati”. 

Poiché Potito affermava che non doveva né voleva fare tal cosa, i carnefici, osservata la legge, lo sospendono, gli cacciano sotto dall’una e dall’altra parte  delle torce ardenti, si accaniscono con ira e crudeltà. Non sembrava quasi bastante  bruciare con le fiamme il tenero corpo, che anzi strappavano e dilaceravano anche le unghie dei piedi e delle mani. Poi, dopo aver  infierito col fuoco a tal punto da sembrare che  nient’altro si potesse aggiungere alla crudeltà; espongono alle bestie il giovinetto bruciato, ma le belve si sdraiarono.

A questo punto l’imperatore comandò che Potito fosse portato fuori dalle sbarre delle belve e fosse mutilato a membro a membro in pubblico e siano dati i pezzi ai cani. I carnefici,  cercando di tagliare Potito egli restava illeso, ed essi esaurite tutte le forze, caddero per terra. Ma l’imperatore per richiamare immediatamente con maggiore timore gli animi convertiti, comanda che il fanciullo sia immerso nell’olio bollente e sia cosparso di piombo liquefatto.

Non potendo minimamente annientare il fanciullo con tanti e così atroci supplizi, comanda che al fanciullo sia trapassato il capo con un chiodo acutissimo. L’imperatore essendo poco soddisfatto per tutte queste crudeltà, e aver dato al popolo argomenti per  credere, egli stramazzò al suolo con un gravissimo dolore di testa. In questa circostanza il capo di Antonino per caso, come per la mano di un Angelo fu trafitto dallo stesso chiodo di cui era stato trafitto Potito. Agnese,  sua  figlia, commossa  dalla  pietà verso il padre e il gran numero di miracoli, pregò Potito per la salute di Antonino. Mentre Potito annunziava molte cose sulla misericordia di Cristo, e sul castigo, e pregava per la salute di Antonino, Agnese fu battezzata e subito Antonino riacquistò la salute. 

Subito dopo Antonino, vedendo che Potito parlava apertamente di Cristo con l’acconsentimento del popolo, immediatamente comanda che gli sia tagliata la lingua. Sono pronti i carnefici: non solo tagliano la lingua, ma  cavano anche gli occhi. Prodigioso intervento del Signore! Il fanciullo infatti, senza lingua, parlava tuttavia, in modo chiaro di Dio, affermando essere necessario che uno solo sia il principio delle cose, un solo Dio, dal quale tutte le cose sono state create, dal quale sono mosse, senza del quale niente esiste.

Alla fine mentre ancora annunziava la potenza, la gloria, la divinità di Cristo, decapitarono il fanciullo non lontano dal fiume Calaggio (il fiume “Calaggio” nasce presso Vallata, quando entra in Puglia prende il nome di “Carapelle”).

Forse i Cristiani sulla sepoltura scrissero questo epigramma.

“Qui abbiamo deposto il corpo di Potito di Serdica, il quale sopportò la fame e la sete, l’esilio, la solitudine e l’estrema povertà, disprezzò la gloria e tutte le pene e desiderò la morte stessa per la religione di Cristo. Tutto questo egli ebbe la forza di compiere ancora tredicenne”.


Fonte:
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"San Potito nella tradizione popolare di Ascoli Satriano" di Potito Mele 1994
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“Vita di San Potito” di Leon Battista Alberti,  traduzione dal latino di Mons. Antonio Silba


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