Home > Tradizioni > Feste tradizionali > San Potito Martire > Posta di San Potito Martire - la Mufitë

La Posta di San Potito (la Mufitë) si trova in agro di Ascoli Satriano presso il Calaggio-Carapelle. E’ ritenuta dalla tradizione popolare ascolana il luogo dove si realizzò il martirio di San Potito che, secondo la passio, non aveva voluto sacrificare agli dei pagani presso l'ara ivi eretta in loro onore. Quali fossero precisamente questi dei non è possibile dire. La passio cita alcune divinità note del Pantheon classico come Giove ed Apollo insieme ad uno sconosciuto dio Arpan, protettore probabilmente della vicina Arpi (nei pressi dell'attuale città di Foggia).

     


La Mufitë

La pena capitale per San Potito non viene eseguita in città, per espresso divieto di legge, ma in località lontana dall'abitato. Non si tratta, però, di una località qualsiasi. E qui vengono a realizzarsi oscuri e misteriosi intrecci di storia e di tradizione popolare, di sacro e di profano, di religione e di superstizione. Infatti è un sito del tutto particolare, che è anche un luogo di culto, carico di elementi di valore altamente simbolico, è un luogo di cura dello spirito e del corpo: è una Mefite dalla quale esalano prodigiosamente vapori pestilenziali per emanazioni solforose. Tali fenomeni geofisici naturali vengono ritenuti dalle popolazioni primitive, che nell'età neolitica hanno fatto la scoperta del sacro, manifestazioni fisiche di un numen (nume, volontà, maestà, potenza divina) divino, particolarmente frequenti e abbondanti nel territorio italico meridionale. La credenza superstiziosa della gente addebitava ad esse epidemie e pesti, per esorcizzare e deprecare la quali venne concepita una divinità che presiedeva a tali fenomeni considerati soprannaturali, la dea Mefite (cfr. Pierre Grimal, Enciclopedia dei miti, Garzanti, Milano, 1990). Rientra, pertanto, nella logica della religiosità primitiva l'erezione in tal luogo di un edificio di culto presso il quale gli uomini potessero attuare le loro pratiche magico-religiose per allontanare da sé il male e il contagio della peste o per invocare la guarigione.

Raccogliendo l'ipotesi formulata da Pasquale Rosario (nell'opera "Dall'Ofanto al Carapelle"), il quale ha spesso delle straordinarie intuizioni che portano vicino alla verità più di tanti lunghi e approfonditi studi e sforzi della ragione, l'ara della Mufitë doveva essere un altare di divinità minori il cui culto era più coerente con le caratteristiche del posto, dove dovevano svolgersi di norma bagni terapeutici e pratiche di divinazione. La scoperta in quel sito di antichi ruderi indusse lo storico-archeologo ascolano Pasquale Rosario a presumere di avere individuato il cenotafio (tomba vuota dedicata a uomo defunto sepolto altrove) dell'indovino Calcante e del medico-guaritore Podalirio, figlio del mitico dio della medicina Asclepio (Eusculapio). La localizzazione del cenotafio è molto controversa, ma accettando la tesi prevalente di chi individua sul Gargano la sede del santuario di Calcante e di Podalirio, non è fuori luogo immaginare che edifici di culto a loro dedicati sorgessero anche altrove e, quindi, pure ad Ascoli, dove fedeli e pellegrini sacrificavano nella pelle dell'animale per avere sogni profetici e la guarigione dalle malattie con l'immersione del corpo nei fanghi della Mefite.


Fonte: "San Potito nella tradizione popolare di Ascoli Satriano" di Potito Mele 1994


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