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Nell’economia agrofamiliare locale, il maiale occupava una posizione importante. L'utilizzo delle sue carni, sia fresche e sia conservate, arricchivano di proteine animali le diete estremamente povere, a base di prodotti orticoli e cerealicoli. L'allevamento iniziava nei mesi di aprile - maggio. L'alimentazione era a base di ghiande (cerze), crusca (caniglia) e avanzi ortofrutticoli (fichi). Terminava nei primi giorni dell'anno nuovo, con la sua macellazione. Il giorno prescelto per la macellazione diventava occasione per festeggiare. Si invitavano parenti e amici, non mancava l'esperto macellaio professionista, pagato per la prestazione. Si preparavano gli attrezzi, si faceva bollire molta acqua, si appestava un tavolo per la pulitura delle setole. Appena il macellaio procedeva allo scannamento, si recuperava tutto il sangue che successivamente sarebbe stato utilizzato per la preparazione del sanguinaccio (sammucchió). Dopo questa prima fase, il maiale veniva adagiato su un tavolaccio (lu pilature) dove la sua pelle (cotica) veniva ripetutamente bagnata con acqua quasi bollente, per ammorbidire le setole che venivano raschiate via con i coltelli e recuperate. Dopo la pulitura dalle setole, il maiale veniva appeso al soffitto con le zampe posteriori, utilizzando un anello metallico posto al centro della volta. Il più abile nel maneggiare i coltelli apriva l'animale in due parti, svuotandolo delle interiora, le budella venivano lavate, salate e conservate per gli insaccati.

Fegato, cuore, milza, animelle ed altre frattaglie erano utilizzate per preparare il gustoso "sfriullo": soffritto insaporito da foglie di alloro, peperoncino piccante, popone sott'aceto. Lo sfriullo era consumato come pranzo, accompagnato da vino nero. Canti, balli e tanta allegria concludevano degnamente l'avvenimento. Il giorno successivo, le donne della famiglia, coadiuvate da un esperto maneggiatore di coltelli, "sfilettavano il maiale ", riducendolo a pezzi, iniziando cosi la complessa procedura per la conservazione delle varie parti. Le parti che si lavoravano e si conservavano sono: parti estreme, sugna (nzognà), lardo, pancetta, salsiccia, soppressata, capocollo, prosciutto.

Parti estreme
Le parti estreme del maiale come il muso o grugno, la coda, le orecchie, le zampe ed anche le ossa, venivano salate e conservate in capaci contenitori di terracotta (fesine). Il loro utilizzo gastronomico è collegato con la preparazione di gustose minestre di verdure, sia orticole e sia spontanee.

Sugna (nzogna)
Grasso di maiale utilizzato in gastronomia e in pasticceria. Veniva ricavato dai panni adiposi situati nella parte ventrale dell’animale. Le masse di grasso venivano ridotte a pezzetti e liquefatti sul fuoco. La parte liquida veniva conservata in vasi di terracotta, dove si solidificava, assumendo una colorazione bianca. I residui solidi (sfringele) venivano recuperati ed utilizzati per la preparazione di gustose focacce (pizza pe li sfringele). La sugna serviva a mantenere la stabilità della stagionatura di salsicce e soppressate. Nella cucina è utilizzata per insaporire le patate al forno e preparare i taralli (scavetatielli).

Lardo
E' la parte sottocutanea ventrale più grassa del maiale, costituito dalla cotica e dal grasso vero e proprio. Si ricavavano i due pezzi allungati, che rifilati e salati per un periodi di una settimana circa, venivano messi a stagionare. Era prevalentemente utilizzato in cucina come surrogato dell'olio nei sughi, ridotto a poltiglia previo martellamento di pezzi di lardo sul "ciaccalardo", cotto insieme con cipolla o aglio. Spesse volte era utilizzato come companatico, accompagnato da cipolla o fave fresche.

Pancetta (Ventrescka)
Si ottiene dalla parte ventrale magra del maiale. Si ricavano due pezzi allungati che dopo essere stati rifilati venivano salati per una settimana circa. Dopo la salatura venivano pulite con vino bianco e condite con pepe macinato, oppure con peperoncino piccante. Il periodo di stagionatura durava circa un mese. La pancetta è un ottimo companatico, alcune volte è utilizzato in cucina come condimento di alcuni piatti di pasta e verdura: utilizzazione tipica è la "sckardella", soffritto di pezzettini di pancetta in olio d'oliva.

Salsiccia (zazicchia)
E' un prodotto pregiato tipico del maiale. Per la loro preparazione viene utilizzata la carne che si ricava dalle spalle. Tale carne veniva tagliuzzata con i coltelli. Ancora oggi per indicare una salsiccia di buona fattura si usa indicare come " salsiccia a punta di coltello ". Il materiale tagliuzzato porta alla formazione di un impasto che deve essere equilibrato, cioè deve risultare ne troppo grasso e ne troppo magro. Condito con sale e pepe macinato l'impasto veniva fatto riposare per un giorno. In alternativa come condimento si aggiungevano semi di finocchio selvatico e il pepe viene sostituito dal peperoncino piccante macinato. Dopo il riposo si procedeva alla fase di riempimento delle budella, a suo tempo lavate e salate. Si utilizza un piccolo imbuto di alluminio. Le salsicce così ottenute vengono legate con un cordoncino di spago, e la superficie dei rocchi viene bucherellata per favorire l’espulsione di eventuali residui d'aria. Ultimate queste operazioni le salsicce venivano fatte stagionare per circa un mese, ed erano pronte per il periodo di Carnevale.

Soppressata (supersata)
Le carni utilizzate per produrre le soppressate sono le stesse utilizzate per le salsicce. La procedura è simile. La carne veniva tagliata a pezzettini con coltelli affilatissimi, per rendere particolarmente saporito l'impasto, si utilizzava il grasso di lardo dell'anno precedente, il pepe che, oltre a somministrarlo macinato, si aggiungeva anche ad acini interi. Le budella per l’insaccamento utilizzate sono quelle grandi. La tecnica riempitiva è la stessa che per le salsicce. La stagionatura richiede un tempo maggiore e si protraeva fino a tutto il mese di marzo.

Capocollo (capokuollo)
La carne che veniva utilizzata era la parte lombale e dorsale del maiale. Il numero dei capocolli che si ricavavano da ogni maiale variava da quattro a sei. I pezzi di carne, a forma cilindrica, disossati e rifilati, venivano messi in salagione per una dozzina di giorni. Dopo questo periodo di salatura, venivano lavati con vino bianco e messi ad asciugare per alcuni giorni. Ultimata l’asciugatura si pepava la parte esterna, in alternativa veniva utilizzato del peperoncino piccante macinato. I capocolli così ottenuti venivano avvolti in guaina di grasso animale, legati con lo spago e listati con listelli di canna. La stagionatura terminava verso la fine del mese di maggio.

Prosciutto (prusutte)
Dalle due cosce posteriori del maiale si ricavavano due prosciutti. Le cosce, opportunamente rifilate, venivano messe in salamoia per la salagione. Le tecniche di produzione locali prevedono un periodo di salagione molto lungo: trenta - quaranta giorni. Non si ritiene ragionevole un così lungo periodo di salagione. Infatti i prosciutti di produzione locale sono eccessivamente salati. Il lungo periodo di salagione trova giustificazione nel non voler correre il rischio di trovarsi alta fine della stagionatura con prosciutti avariati. Dopo il periodo di salagione, le cosce venivano lavate con vino bianco e messe ad asciugare per qualche giorno. Al termine dell'asciugatura le cosce venivano pressate sotto assi di legno con carichi di zavorra improvvisati (sacchi di grano od altro) per favorire l’uscita di liquidi organici residui. Ultimata la fase di preparazione le cosce venivano impepate e messe a stagionare. La stagionatura dei prosciutti terminava in piena estate.


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