Home > vivere Ascoli > Servizi speciali > I Vasai e le Fornaci di Ascoli Satriano


“ … la scomparsa di un fiorente artigianato. Dalle attività dei vasai ascolani e dall’ormai ultraventennale fermo della produzione fornaciaria, ha sottratto al tessuto economico sociale e produttivo della città di Ascoli Satriano una fonte di ricchezza, visto che i prodotti delle sue fornaci aveva una consistente area del mercato provinciale ed interregionale …”


Fra cronaca e storia
Le attività concernenti la produzione di suppellettili, attrezzi e materiali edilizi negli anni ’60 dl 1900, di punto in bianco sono scomparse e con esse è scomparsa anche la figura del vasaio, artista della lavorazione dell’argilla. I loro prodotti erano famosi e rinomati nel circondario, in provincia ed anche nelle regioni confinanti. Durante le fiere agricole di maggio e dicembre, S. Giacomo e S. Lucia, l’esposizione e la vendita dei prodotti di argilla cotta dei vasai ascolani era una caratteristica ed una costante delle manifestazioni, al pari dei fichi secchi, delle nocelle, delle piantine di orto, delle attrezzature agricole ed altro. Orci, orciuoli, anfore, piatti, boccali, etc., facevano bella mostra. La scomparsa dei vasai dal ricco panorama artigianale di Ascoli, coincide con l’innesco della grande ondata emigratoria che a partire dalla metà degli anni ’50 del 1900, si protrasse per circa un ventennio, allorché a partire dal 1961 un ascolano al giorno abbandonava Ascoli. In questo meccanismo feroce di spopolamento le figure più significative ed importanti che scomparvero furono i fornaciari, i vasai, gli artigiani del cuoio, i maestri d’ascia, le vittime più illustri.

L’impoverimento delle attività economiche con la drastica sottrazione della componente artigianale ha contribuito in maniera determinante al regresso socio-economico della società ascolana. Intere famiglie scompaiono, altre si lacerano, il paese si spopola. Milano, Torino, Svizzera, Germania sono i nomi più comuni che entrano nel lessico dialettale.

La produzione dei vasi
Nell’ultima generazione di vasai, fino agli anni ’50 del 1900, in Ascoli erano presenti tre famiglie artigiane che si dedicavano alla produzione di vasi. Tutte e tre le famiglie erano interamente impegnate nella produzione di vasi, i fratelli Michele e Gaetano Clemente e Gaetano Clemente loro cugino, con le rispettive famiglie. La giornata lavorativa iniziava alle 4-5 del mattino e terminava alle ore 20 di sera, per una durata di circa 15-16 ore. I laboratori e i forni erano ubicati sulla collina Torre Vecchia dove operava Clemente Michele con la sua famiglia.

Nel territorio di Ascoli è presente affiorante la formazione dell’argilla azzurra in enormi quantità, di qualità anche molto pura tant’è che nei secoli si è sviluppata una notevole attività manifatturiera di prodotti di argilla per l’edilizia: mattoni, embrici, tubazioni, cocumelle, comignoli, etc., e per le suppellettili casalinghe, in genere contenitori delle più svariate forme, di uso giornaliero e per conservare derrate alimentari.

Le fornaci di mattoni, erano dislocate lungo la via per Candela, località il cui toponimo è proprio “Fornaci”. Le cave di argilla erano ubicate nelle immediate vicinanze. L’argilla per i vasi veniva cavata nelle zone delle Fornaci e nella zona dei Pozzi di S. Oronzo. Dopo aver scelto la zona da scavare, con utensili a mano tipo picconi, zappe e pale, si procedeva allo scavo ed al carico dell’argilla in contenitori di tela conici, posti a cavallo della schiena degli asini adibiti al trasporto. Lo scavo ed il trasporto della creta avveniva tutti i giorni e costituiva la prima parte della giornata lavorativa. Nel periodo ottobre-novembre si incrementava lo scavo ed il numero dei viaggi di trasporto, per accumulare la creta necessaria alla produzione del periodo invernale, quando lo scavo ed il trasporto del materiale delle cave non era possibile.

Dizionario dei vasi

  • Cicïnë: è il prodotto emblematico del vasaio ascolano. L’orcio è stato il più utile contenitore d’acqua da trasporto del bracciante e del contadino ascolano.

  • Cïmënärë: è il comignolo in argilla. In genere di forma tubolare con cappello a cono ampio, aperture laterali di varie forme.

  • Fäsinä: anfora tronco-conico o bombata, con alto labbro a bocca larga, ha due manici laterali che collegano il corpo al labbro. Erano destinate a conservare derrate alimentari.

  • Fiaskë: contenitore da trasporto per vino ad uso personale.

  • Giarrë: piccolo contenitore da tavolo panciuto con quattro labbra e due manici. Si usava per bere a labbro.

  • Grastä: fioriera di varia forma e dimensioni

  • Inghiutrellä: anfora analoga alla Fäsinä, grezza, usata solo per il trasporto di acqua dalle fontane pubbliche alle sarolë casalinghe.

  • Pignätä: contenitore panciuto di argilla nera bocca larga, alta con due manici e affiancati radicalmente. Serviva per cuocere i legumi secchi, direttamente su fuoco.

  • Pisciaturö: contenitore impermeabile per la raccolta delle urine.

  • Sarolë: grosso contenitore di argilla grezza, panciuto a bocca larga e priva di collo. Costituiva riserva di acqua potabile della famiglia.

  • Sciarronë: era la tinozza per fare i bucato.

  • Skafareiä: contenitore tronco conico impermeabile. All’esterno grezzo ed all’interno patinato (bianco e macchie verdi).

  • Tiellä: è un tipo di teglia di argilla nera usata per cuocere cibi direttamente sul fuoco.

  • Vucälë: caraffa impermeabile per mescere vino.

  • Zïpeppë: contenitore cilindrico impermeabile, con largo labbro e due manici. Serviva al recupero delle deiezioni domestiche. Scomparso quando la rete fognaria pubblica fu estesa a tutto il centro urbano.

   

   

     

Le fornaci
La località “Fornaci”, fino alla fine degli anni ’60 del 1900, è stata sede di una vivace attività per produrre materiali edilizi di argilla cotta. Le fornaci in territorio urbano erano:
sulla strada per Candela: Marano, Peruggini, Tartaglia (1,2,3), Falcone, Landi, Fattobene, Cavuso (1) e Aspromonte; sulla zona Castello-Ponente: Cavuso (2); Mezzanelle: Tartaglia (4); Serpente: D’Autilia.

     

da sinistra le fornaci: Aspromonte, Falcone, Peruggini e Tartaglia3 ( camera di cottura )

   

 le fornaci Tartaglia ( 1, 2 e 3 )

Le fornaci furono costruite tutte a tipologia seminterrata per avere disponibile due piani di lavoro, a quota differenziata. Quello inferiore si trovava alla quota della strada antistante e serviva per gestire il focolare, la produzione della calce e lo stoccaggio del materiale combustibile. Il piano superiore, a cui si accedeva tramite rampa di accesso laterale, serviva ad accumulare e lavorare l’argilla di cava, confezionare ed essiccare i mattoni crudi, caricare e scaricare la fornace per la cottura dei mattoni, controllare il processo di combustione. L’edificio era costituito da: focolare, griglia, camera di cottura, scalinata ad arco esterno. Era dotato di più aperture. Da quello inferiore si accedeva e si alimentava il focolare, da quella intermedia si sistemava lo strato di ciottoli per produrre calce. Ad entrambe si accedeva dal piano di lavoro inferiore. Dall’apertura superiore si caricavano e sistemavano i mattoni da cuocere. Le fornaci avevano in genere pianta ellittica ovoidale. La costruzione partiva, una volta scelto il sito, con lo scavo verticale a forma di ovoide. Lo scavo veniva rivestito internamente con una “camicia” di mattoni crudi. Il focolare era costruito nella zona inferiore dello scavo. Al centro del pavimento del focolare si realizzava un cunicolo, collegato a una canna di tiraggio, era la sentina, la cui presenza preservava il focolare da scoppi per sovrappressioni. La canna di tiraggio raggiungeva la quota delle murature superiori della camera di cottura.

Nelle fornaci si fabbricavano due tipi di prodotti: materiali per l’edilizia in argilla e calce viva o spenta. Materiali edili: mattoni pieni rettangolari per costruzioni di muri e volte; mattoni quadri sottili per pavimentazioni; mattoni per coperture di muretti o per scale e gronde; tegole per manti di copertura tipo embrici; tegole trapezie per canali di gronde; tegoloni utilizzati per realizzare linee di impluvi, displuvi e gocciolatoi. I prodotti più richiesti erano: i mattoni per muri, le tegole e i mattoni quadri per pavimento.

La calce, impiegata largamente nelle costruzioni fin dall’antichità come legante, derivava da rocce carbonatiche (calcari). La calce viva di solito veniva prodotta  nelle fornaci in concomitanza con le cotture di materiali di argilla: mattoni, embrici. Nel periodo invernale nelle fornaci si produceva spesso solo calce.

L’attività di produzione delle fornaci si è esaurita nel 1975, quando si sono fermate le fornaci di Giovanni Aspromonte, che attribuisce la scomparsa dell’attività alla strada, assolutamente non idonea ai mezzi di trasporto moderni. Infatti fino a che i trasporti erano assicurati da asini e carretti non si sono avuti inconvenienti. L’assoluta impraticabilità della strada Ascoli-Candela ai mezzi moderni ha strozzato l’attività e ne ha causato l’irrimediabile scomparsa, anche a causa di incidenti mortali accaduti per camion capovolti durante il trasporto sul tratturo che si dirama per S. Agata.

Fornaci in territorio agricolo
Nelle grandi Masserie, la necessità di mantenere numerosi fabbricati e costruire ambienti per ospitare i braccianti, gli animali e conservare le vettovaglie, ha portato a produrre direttamente in azienda il materiale di argilla cotta necessaria: mattoni, quadri per pavimenti, embrici. L’iniziativa era possibile per l’abbondante disponibilità di materiale da bruciare (paglia della trebbiatura). Si costruivano direttamente le fornaci che venivano gestite da fornaciari cittadini con contratti a cottimo e fino ad esaurimento della paglia. Le fornaci in territorio agricolo erano: Belvedere, Bisciglieto, Catenazzo, Cisternola, Conte di Noia, Corleto, Faugno, Montecorvo, Nannarone, Palazzo d’Ascoli Posta Miele, Pozzo Zingaro, Poste la Madonna, Romano, San Martino, Santa Croce, San Mercurio, Salvetere, Sedia d’Orlando, Valle Scodella.


Fonte:
-  "I vasai e le fornaci ascolane,
la scomparsa di un fiorente artigianato"
di Giuseppe d'Arcangelo,
   Centro Studi Territorio e Ambiente di Ascoli Satriano, Agosto 1991
-  I disegni sono dell'artista Prof. Cosimo Tiso


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